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I principi del TIME per la valutazione della ferita da piaghe da decubito

In vulnologia la preparazione del letto della ferita da piaga da decubito è fondamentale per portare alla guarigione e la valutazione della ferita avviene secondo il principio del TIME, uno strumento pratico per assistere gli operatori nella valutazione e gestione dei pazienti con ferite. In questo caso TIME non significa tempo ma è un acronimo che serve per “leggere” la ferita e che aiuta a prendere le giuste decisioni.

Inizialmente il TIME era stato associato unicamente alla valutazione della lesione da decubito, ma non bisogna mai dimenticarsi della persona. Con il passare degli anni il TIME in vulnologia è stato allora avvicinato alla parola CARE e al fattore tempo (H).Quindi, ricapitolando, oggi la valutazione della ferita deve sempre comprendere il TIME Care h – la valutazione della lesione, della persona e l’importanza del tempo.
Non si può curare una lesione da pressione protratta nel tempo senza risultati, è necessario imparare a valutare la lesione e a leggere la ferita con i principi del TIME.

L’acronimo TIME significa: 

T – TISSUE: valutazione del tessuto necrotico o devitalizzato, necessita di debridement?

I – INFECTION/INFLAMMATION: vi sono segni di infezione o infiammazione? Necessita di antibiotici o basta una medicazione antisettica?

M – MOISTURE: squilibrio dei fluidi, la lesione è troppo secca o troppo essudante? Questo aiuta nella scelta della medicazione.

E – EDGE: i margini non sono proliferanti o sono sottominati? Forse necessita di terapie alternative.

Inizia con il paziente: anche se dovrebbe sembrare ovvio, i clinici devono riconoscere tutti quei fattori presenti nel paziente prima ancora di valutare la ferita. Questi fattori includono non solo le condizioni mediche che compromettono la guarigione (per esempio il diabete), ma anche considerazioni personali come il dolore, lo sconforto e tutte le sensazioni soggettive del paziente sulla propria condizione. Fattori specifici includono gli obiettivi da raggiungere con il trattamento del paziente, lo stile di vita, la causa di questa condizione, la forma e la posizione dell’ulcera da decubito, lo stadio della ferita, le risorse sanitarie disponibili per provvedere il trattamento.

Identificare l’etiologia della ferita: qual è il tipo di ulcera cronica che richiede il trattamento? Per esempio: un’ulcera alla gamba potrebbe essere venosa, arteriosa o di origine mista. Un’ulcera da pressione potrebbe oscillare in base alla sua gravità dal I al IV Stadio. Il piede diabetico potrebbe essere neuropatico o neuro ischemico. Alcune ferite croniche sono di origine maligna, micosi fungoide o infiammatoria (vasculiti), altre sono ferite complicate postoperatorie (deiscenze).

Applicare i principi del TIME: nonostante le ferite croniche mostrano un numero di caratteristiche comuni, la valutazione e il trattamento saranno diversi a seconda del tipo di ferita. La gestione delle condizioni sottostanti è essenziale per ottenere risultati di successo e la valutazione della ferita inizia con un apprezzamento totale della posizione, durata, dimensione, stadio e condizioni della cute perilesionale.

All’interno della struttura del TIME bisogna valutare:

Tessuto: guardare il colore e la perfusione.

Infezione/infiammazione: guardare la temperatura della ferita, l’odore, il tipo e il grado di essudato, il colore, il pH.

Bilancio dei fluidi: determinare il livello di squilibrio valutando la quantità di essudato, il perimetro della ferita, il colore della cute perilesionale e l’aumento della perdita trans-epidermale del vapore acqueo.

Bordi della ferita: valutare regolarmente e documentare le misure dell’area e la profondità della ferita. Gli strumenti di misurazione devono essere sterili. La guarigione è determinata dalla percentuale di riduzione dell’area della ferita (40%) nelle prime 4 settimane di trattamento.

 

Componenti della Wound Bed Preparation

La preparazione del letto di ferita offre nuove opportunità per il trattamento delle ferite croniche. Queste opportunità interessano gli aspetti di base del trattamento delle lesioni croniche come il controllo delle infezioni, l’eliminazione del tessuto necrotico, la gestione dell’essudato e altri aspetti più complessi come ad esempio le alterazioni fenotipiche cellulari lesionali. Queste alterazioni sono responsabili della senescenza delle cellule all’interno e attorno alla ferita e della loro mancata risposta a determinati trattamenti. Per ricostruire la struttura dermica è necessario, “re-ingegnerizzare” ferite croniche mediante l’impiego di opportuni interventi (p.e. terapia cellulare).

Esistono quattro importanti aree cliniche da considerare nella preparazione del letto delle ferite, relative alle corrispondenti anomalie patofisiologiche sottostanti. La conoscenza ed il ricordo di queste aree permettono all’operatore un approccio completo al trattamento delle ferite croniche, diverso da quello impiegato nel trattamento delle lesioni acute. Sulla base dei lavori dell’International Wound Bed Preparation Advisory Board, è stato coniato un acronimo TIME , utilizzando i nomi inglesi dei componenti da considerare. Al fine di massimizzare il valore dell’acronimo fra le diverse discipline e lingue, l’EWMA wound bed preparation editorial advisory board ha ulteriormente sviluppato i termini (tabella 1).

L’acronimo TIME permette di realizzare un’ottima wound bed preparation, riducendo edema ed essudato, controllando la carica batterica e cosa importante, correggendo le anomalie che concorrono a una guarigione non corretta. Il tutto per facilitare il fisiologico processo di guarigione. La struttura TIME non è “lineare”; durante il processo di guarigione dovranno essere considerati diversi elementi della struttura. La figura 1 mostra l’applicazione di TIME nella pratica, utilizzando l’esempio di una ferita aperta, cronica, a lenta guarigione. Inoltre, gli operatori possono utilizzare la struttura TIME per la valutazione dell’efficacia degli interventi terapeutici. Uno solo di essi può interessare più di un elemento della struttura, per.es. lo sbrigliamento non rimuoverà solo il tessuto necrotico, ma ridurrà anche la carica batterica

Trattamento del tessuto necrotico/non vitale

La presenza di tessuto necrotico o devitalizzato è comune nelle ferite croniche e la sua rimozione determina molti effetti benefici. Il tessuto non vascolarizzato, i batteri e le cellule fenotipicamente alterate (carica cellulare) che impediscono la guarigione vengono rimossi, creando un ambiente che stimola la crescita di tessuto sano.

Alla luce di recenti studi sulla senescenza di alcune cellule presenti nelle ferite e sulla loro mancata risposta a taluni segnali , appare particolarmente importante intervenire con lo sbrigliamento che rimuove la carica cellulare e consente di creare un ambiente che faciliti la guarigione. In modo dissimile di quanto avviene nelle ferite acute, che in genere richiedono un solo intervento di sbrigliamento, le ferite croniche possono richiedere uno sbrigliamento ripetuto (debridement di mantenimento).

Controllo dell’infezione e dell’infiammazione

Le ferite croniche sono frequentemente colonizzate da batteri o funghi. Ciò, in parte, è dovuto al fatto che queste ferite rimangono aperte per lunghi periodi di tempo, ma anche a causa di altri fattori, come cattiva circolazione, ipossia e processi patologici sottostanti . Esistono incertezze sul fatto che un’infezione conclamata debba essere trattata immediatamente e in modo aggressivo. L’evidenza dimostra che una carica batterica >106 organismi per grammo di tessuto, limita seriamente la guarigione, anche se il motivo è poco chiaro.

Recentemente è stato evidenziato un crescente interesse per la possibile correlazione tra presenza di biofilm nelle ferite croniche e loro mancata guarigione o riacutizzazione. I biofilm sono colonie batteriche rivestite e protette da uno strato di polisaccaridi, che le rende più resistenti all’azione degli antimicrobici. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per definire meglio il ruolo dei biofilm nel ritardo di guarigione delle ferite croniche

Bilancio dei fluidi

Una delle più interessanti scoperte degli ultimi 50 anni è stata l’importanza dell’ambiente umido nella stimolazione dei processi di riepitelizzazione delle lesioni; ciò ha permesso il successivo sviluppo di una vasta gamma di medicazioni che creano un microclima umido e favoriscono pertanto la “guarigione attraverso il controllo dell’idratazione”. La maggior parte dei dati di letteratura relativi alla guarigione in ambiente umido è stata ottenuta in lavori sperimentali condotti sulle ferite acute, e subito traslati ed applicati alle ferite croniche. Contrariamente all’opinione generale, il mantenere umida la ferita non aumenta la quota di infezioni.

Non è ancora chiaro se la funzione principale delle medicazioni che trattengono l’essudato è quella di mantenere i fluidi a contatto con la ferita o invece quella di trattenerli completamente all’interno della medicazione stessa. Uno dei motivi di questa incertezza è che i fluidi presenti nella ferita sembrano avere proprietà diverse nelle ferite acute e in quelle croniche. Per esempio, l’essudato delle ferite acute stimola la proliferazione in vitro di fibroblasti, cheratinociti e di cellule endoteliali.

Contrariamente, l’essudato presente nelle ferite croniche blocca la proliferazione cellulare e l’angiogenesi, oltre a contenere quantità eccessive di metalloproteinasi della matrice (MMP), in grado di degradare le proteine della matrice extracellulare, comprese fibronectina e vitronectina. Non vi è dubbio che alcune MMP giochino un ruolo fondamentale nella guarigione delle ferite – p.e. la collagenasi interstiziale (MMP-1) è determinante per la migrazione dei cheratinociti.

Tuttavia, è stato suggerito che l’attività eccessiva (o la cattiva distribuzione) di altri enzimi (MMP-2, MMP-9) rallenta la guarigione. Non è necessario che l’eccesso di essudato presente nella ferita contenga MMP attivate in modo anomalo o inadeguato per essere dannoso. I normali componenti del plasma, se costantemente presenti, possono favorire, secondo una recente teoria, un “intrappolamento dei fattori di crescita”. Questa ipotesi, riferita a problemi di guarigione delle ulcere venose, può essere estesa anche a diverse ferite croniche.

Si ipotizza che talune macromolecole e i fattori di crescita vengano legati o ‘intrappolati’ nei tessuti, determinando la mancata disponibilità dei mediatori importanti, comprese le citochine. L’intrappolamento dei fattori di crescita e delle citochine, oltre che del materiale della matrice, in modo limitato, può scatenare una cascata di eventi patogenici che possono essere modulati in maniera importante dalle medicazioni.

Margini epiteliali in attiva proliferazione

Una guarigione efficace comporta il ripristino dell’integrità e della funzionalità della cute. Tuttavia, il processo di riepitelizzazione può essere ostacolato in modo indiretto, grazie ad alterazioni della matrice cellulare o ischemia che inibiscono la migrazione dei cheratinociti, o in modo diretto, a causa di difetti della regolazione, o di una alterata mobilità o adesione dei cheratinociti.

 

SITOGRAFIA 

http://www.aiuc.it/pagina/383/i+principi+del+time+per+la+valutazione+della+ferita

http://www.riparazionetessutale.it/documenti/upload/WBP%20pratica%20clinica.pdf

 

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AUTORE: Valeria Pisani

 

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