Trattamento Piaghe da Decubito

Trattamento della lesione e tipologie di medicazioni

Indice

Il processo di cicatrizzazione si svolge in tre distinte fasi: 

  1. Fase infiammatoria
  2. Fase proliferativa
  3. Fase di maturazione o rimodellamento

Non esiste una metodica ottimale di intervento per la LDP. Il trattamento varia in base alle condizioni del paziente e della lesione: esistono però alcuni principi generali di cui si deve tenere conto nella scelta del trattamento più idoneo. La cura della LDP comprende lo sbrigliamento, la pulizia della ferita, applicazioni di medicazioni e possibili terapie aggiuntive. Il trattamento ideale della LDP deve favorire la prima e la seconda fase del processo di cicatrizzazione, inoltre, la scelta della medicazione deve tenere conto di due caratteristiche essenziali, ovvero quelle dell’ambiente e quello della piaga. La medicazione deve garantire le seguenti caratteristiche: 

  • mantenere un ambiente umido (già nel 1962 Winter ha dimostrato che la velocità di riepitelizzazione è raddoppiata in un ambiente caldo-umido)
  • controllare l’essudato mantenendo il letto della lesione umido e la cute circostante asciutta e integra
  • fornire l’isolamento termico e mantenere stabile la temperatura della lesione (una medicazione avanzata permette di raggiungere una temperatura maggiore (ca. 32°) rispetto alle medicazioni convenzionali (25-27°) creando un ambiente più favorevole alla riparazione tissutale)
  • proteggere la lesione dalla contaminazione di microrganismi esogeni
  • mantenersi integra senza rilasciare fibre né corpi estranei all’interno della lesione
  • non causare traumi alla lesione al momento della sua rimozione
  • allungare gli intervalli fra un cambio di medicazione e l’altro; le medicazioni dovrebbero rimanere in sede per il maggior tempo possibile per non disturbare i processi di riparazione tissutale
  • essere facile da usare ed economica sul piano dei costi e del tempo in base ai prodotti in dotazione

La scelta della medicazione deve avvenire tenendo conto della valutazione della lesione eseguita in precedenza. I parametri fondamentali che devono influenzare tale scelta sono: 

  • caratteristiche del tessuto presente nella lesione (tessuto di granulazione, fibrinoso, necrotico, infetto)
  • la quantità di essudato.

Ulteriore criterio di trattamento della lesione riguarda le tempistiche relative ai cambi di medicazione. Nel caso di utilizzo di medicazioni avanzate in molte situazioni cliniche non è necessario provvedere quotidianamente alla loro sostituzione (i tempi di cambio delle medicazioni vanno definiti sulla base della valutazione del paziente, della lesione e del tipo di medicazione utilizzata). L’allungamento dei tempi di sostituzione della medicazione favorisce il mantenimento del microclima della lesione, stimolando e velocizzando il processo di guarigione che viene invece allungato in caso di cambi di medicazione frequenti. 

Ci sono infine dei limiti/controindicazioni all’utilizzo delle medicazioni avanzate quali ad esempio: 

  • lesioni localizzate nella zona sacrale e qualora il paziente presenti diarrea profusa;
  • tumori cutanei/lesioni neoplastiche;
  • sanguinamento post escarectomia.

Trattamento della lesione: la detersione

La lesione deve essere detersa ad ogni cambio della medicazione per favorire la diluizione della carica batterica presente che può essere causa dell’infezione. Essa permette l’eliminazione di detriti metabolici, essudato del tessuto non vitale e dei residui della vecchia medicazione. Allo scopo di eseguire una corretta detersione senza provocare ulteriori traumatismi all’eventuale tessuto di granulazione, si consiglia l’uso di una siringa da 50 ml con un ago non metallico e di utilizzare una quantità di acqua tale da permettere la pulizia della lesione stessa. Diversi studi hanno confrontato la detersione della ferita effettuata con soluzione fisiologica, acqua sterile, ringer lattato o acqua potabile che non hanno dimostrato rilevanti differenze nella prevenzione delle infezioni. E’ opportuno precedere e seguire l’applicazione con un lavaggio di Soluzione fisiologica o Ringer lattato che contiene acido lattico, calcio cloruro, potassio cloruro, sodio cloruro e sodio idrossido; al potassio verrebbe attribuita la proprietà di favorire il trofismo cutaneo. Le Linee Guida internazionali, raccomandano di non utilizzare gli antisettici topici allo scopo di ridurre la carica batterica nelle lesioni. E’ importante sottolineare che la temperatura della soluzione detergente (fisiologica) deve essere mantenuta al momento del suo utilizzo intorno ai 30°C; utilizzando una soluzione più fredda, si verifica un blocco della rigenerazione tissutale con una inattività che può perdurare anche per alcune ore. La detersione dovrà quindi avvenire mediante l’impiego di soluzioni di tipo non citotossico, in quanto lo scopo non è quello di sterilizzare la lesione ma di allontanare i tessuti devitalizzati, i detriti metabolici e gli agenti topici che possono ritardarne la guarigione. Sarà opportuno quindi, non utilizzare 

  • acqua ossigenata, in quanto distrugge le cellule in fase di riepitelizzazione fino al 50%
  • iodio povidone, per la possibile attività citotossica sui fibroblasti, per la comparsa di reazioni di ipersensibilità e per il rischio di scatenare tireotossicosi
  • cetrimide e ipoclorito di sodio, per l’attività citotossica
  • alcool etilico, perché è irritante e provoca secchezza della cute
  • nitrato d’argento, perché è irritante e conferisce una colorazione bruna alla cute.

Nei casi in cui sia richiesta la disinfezione, l’antisettico da preferire è la clorexidina gluconato in soluzione acquosa allo 0,05%, dotata di una buona attività antisettica, un’ottima tollerabilità e bassa citotossicità. Da evitare fortemente l’utilizzo di soluzioni colorate come mercurio cromo (merobromina), eosina, tintura di rubra (fuxina fenica) e violetto di genziana (cristal violetto) in quanto il loro utilizzo tende a bloccare la possibilità di una corretta valutazione e di impostare un trattamento della lesione adeguato, la possibilità di riconoscere precocemente alcuni segni di infezione e il rischio di creare traumatismi sul fondo della lesione a causa della loro forte difficoltà di rimozione.

Trattamento della lesione: il debridement o sbrigliamento

La rimozione del tessuto necrotico ha come obiettivo, la riduzione dei rischi a cui la lesione può andare incontro per la presenza in sede di materiale devitalizzato L’ablazione dei tessuti necrotici o devitalizzati (escara nera e/o slough) corregge l’ambiente di guarigione della lesione diminuendo la carica batterica e riducendo il rischio di diffusione dell’infezione. La necrosi compare solamente in ulcere di III° e IV° stadio, quindi con interessamento degli strati profondi. La scelta se effettuare un debridement autolitico o enzimatico va fatta dal professionista in relazione alla valutazione generale delle condizioni cliniche del soggetto e del piano di cura che si è definito con l’utente e/o con i familiari. Fanno parte della valutazione anche i tempi di permanenza del prodotto in base alle sue caratteristiche e in relazione alle singole specificità delle unità assistenziali. Generalmente si distinguono diverse categorie di debridement, tra queste citiamo le principali, che sono: 

  • Debridement chirurgico: la toilette chirurgica è la tecnica di sbrigliamento più rapida per rimuovere escare spesse. Deve essere effettuato con tecnica asettica e materiale sterile, in idoneo contesto clinico e va ricordato che essendo una procedura che può comportare dei rischi dovrebbe essere intrapreso con discernimento ed eseguito da un professionista con una specifica formazione ed esperienza. E’ importante controllare la ferita nelle ore successive all’intervento. Nel caso di emorragia dopo un’escarectomia si applicano per 24 ore medicazioni tradizionali (garze sterili) oppure medicazioni emostatiche come l’alginato o collagene. Il controllo del dolore su lesioni di piccole dimensioni può essere ottenuto previa applicazione di una crema anestetica in occlusione con film di poliuretano per 30-60 min.
  • Debridement autolitico: E’ caratterizzato dalla dissoluzione spontanea del tessuto devitalizzato attraverso l’azione di enzimi prodotti dalla lesione stessa. Per favorire l’autolisi è necessario creare un ambiente umido nell’interfaccia tra medicazione e fondo della lesione mediante l’applicazione di idrogel sul tessuto necrotico e coprendo poi con medicazioni avanzate come idrocolloide, film o schiuma di poliuretano. Queste medicazioni facilitano l’azione dei fagociti, la detersione spontanea e la formazione di tessuto di granulazione.
  • Debridement enzimatico: Vengono impiegati prodotti presenti in commercio sottoforma di pomate o liquidi a base di enzimi di origine batterica, animale o vegetale. Agiscono rompendo i ponti di collagene denaturato, facilitando così la futura rimozione dei frammenti necrotici. Questi impacchi vanno utilizzati esclusivamente per un tempo medio di 8-12 ore per collagenasi e proteasi specifiche. Di notevole importanza sarà attuare una metodica di protezione della cute circostante all’azione di queste pomate, per non causare la macerazione della cute sana.

    Possono essere utilizzati in associazione a medicazione secondaria non aderente (garza grassa) per ridurre il traumatismo alla rimozione; sono attivi in ambiente umido e vengono inattivati da acqua ossigenata ed antisettici e non devono essere impiegati su lesioni infette. L’applicazione del prodotto, in strato sottile, va rinnovata dopo lavaggio con soluzione di Ringer lattato o Soluzione fisiologica, 1 o 2 volte al dì, conformemente al prodotto impiegato. Secondo alcuni autori viene consigliata una iniziale rimozione chirurgica del tessuto devitalizzato, seguita da sbrigliamento autolitico o enzimatico per una completa pulizia del fondo della lesione. Oltre all’azione sulla lesione devono sempre essere effettuati la valutazione/trattamento del dolore associato allo sbrigliamento e quando ritenuto opportuno si dovrò valutare, con il responsabile terapeutico se somministrare analgesici.

Trattamento della lesione da decubito: escara al tallone

Importante è la scelta di effettuare un debridement di necrosi al tallone. Il tallone è anatomicamente costituito oltre che dal calcagno, anche da tessuto connettivo entro il quale si connettono giunzioni di setti, derma reticolare e periostio. Quattro arterie apportano sangue al tallone formando una ricca rete di vasi che si insinuano nei setti fibrosi tra il periostio ed il plesso sotto ipodermico. I setti creano dei compartimenti avascolari di adipe vulnerabili all’ischemia.

Il tallone inoltre ha una ridotta superficie di contatto ed una scarsa quantità di tessuto sottocutaneo per cui la pressione viene esercitata direttamente sull’osso. Sulla base di questi presupposti anatomici si comprende perché le lesioni da pressione al tallone impegnano notevolmente i prestatori di cure e i pazienti, sia in termini di prevenzione che di trattamento della lesione. La presenza di una scarsa vascolarizzazione determina inoltre un allungamento dei tempi di guarigione ed un intervento di debridement potrebbe reliquare in esiti invalidanti per la deambulazione.

TIPOLOGIE DI MEDICAZIONI

Pellicole trasparenti

Sono costituite da un sottile film di poliuretano trasparente adesivo; sono impermeabili ai liquidi e ai batteri, ma permeabili al vapore acqueo. Non sono assorbenti e quindi non sono adatte per lesioni essudanti o infette. Possono essere usate per tenere in sede gli idrogel o come medicazione secondaria. Sono utili nella fase preventiva perché riducono l’attrito e il contatto con liquidi organici. Attenzione: rimuovere con cautela perché possono causare lesioni epidermiche. 

Indicazione: mantengono un microambiente umido a temperatura costante

Garze non aderenti

Sono costituite da garze non aderenti imbevute da sostanza grassa o iodio 

  • idratano la ferita
  • non fanno aderire medicazione secondaria
  • sono adatte nel trattamento della lesione non essudante superficiale o in riepitelizzazione
  • sono usate su punti di sutura e post operatorio

Idrocolloidi

Sono costituiti da sostanze idrocolloidali come la carbossimetilcellulosa, la pectina, e la gelatina. Assorbono l’essudato formando un gel a contatto con la lesione. Stimolano la granulazione e la detersione autolitica delle lesioni ricoperte da fibrina e/o tessuto necrotico. Sono indicati per lesioni poco essudanti, non infette. Alla loro rimozione si notano un caratteristico odore e perdite brunastre simile al pus (è il materiale della medicazione che si è liquefatto) che scompare completamente dopo la detersione con soluzione fisiologica. Mantengono un microambiente umido favorevole alla granulazione e alla riepitelizzazione, proteggendo il tutto da infezioni.

Indicazione: Sono indicati nel trattamento della lesione superficiale, poco profonda o in prevenzione.

Schiume sintetiche

Sono costituite da schiuma di poliuretano. Assorbono e trattengono una quantità moderata di essudato. 

Indicazione: Sono indicate per lesioni non infette, in particolare con cute peri lesionale fragile o danneggiata.

Alginati

Sono costituiti da fibre che derivano dalle alghe brune, contengono sali di calcio e sodio. Assorbono grandi quantità di essudato formando un gel idrofilo. Le medicazioni a base di alginati possiedono proprietà emostatiche, sono indicati perciò per lesioni sanguinanti. Richiedono una medicazione secondaria non occlusiva (per esempio garze sterili con un cerotto adesivo in rotolo). 

Indicazione: Sono indicati per lesioni molto essudanti, sanguinanti ed anche infette; su ferite deterse con essudato medio – abbondante, assorbono l’essudato dando origine ad un gel che ne impedisce l’adesione alla ferita e mantiene il microambiente umido. Può essere utilizzato in medicazioni secondarie occlusive o semipermeabili.

Idrofibre

Medicazioni in TNT (tessuto non tessuto) composta da fibre idrocolloidali (carbossimetilcellulosa). Sono altamente assorbenti; trattengono l’essudato evitandone la propagazione. 

Indicazione: Indicata in casi nei quali sia necessaria maggiore assorbenza anche per lesioni infette; in ferite piane o cavitarie ed ha la caratteristica di trasformarsi in un gel compatto senza rilasciare essudato.

Idrogel

Sono gel amorfi con un elevato contenuto di acqua. Idratano i tessuti, sono indicati perciò per lesioni eccessivamente asciutte. Favoriscono lo sbrigliamento autolitico di tessuto necrotico e di fibrina. Non sono occlusivi, possono perciò essere utilizzati anche su lesioni infette. Per evitare il rischio di macerazione della cute sana circostante si può proteggere la zona perilesionale con vaselina o pomata all’ossido di zinco. 

Indicazione: Indicato nella detersione di necrosi ed escare, provoca un’idratazione massiva del tessuto necrotico, favorendo una rapida autolisi con contemporanea attivazione dei processi di riparazione, utilissimo in lesioni non cavitarie.

Matrice modulante di proteasi

(associazione di collagene e cellulosa ossidata rigenerata) Favorisce l’attività dei fattori di ricrescita, elimina l’eccesso di proteasi, riduce la fase infiammatoria. Interagisce a livello biochimico legando gli inibitori di granulazione e favorendo la più rapida e fisiologica proliferazione cellulare.

Indicazione: particolarmente indicata su ulcere vasculitiche e su LDP deterse, infette o ricche di fibrina.

Medicazione a base di carbone e argento

Sono medicazioni contenenti carbone attivo e argento metallico micronizzato. Il carbone possiede la capacità di adsorbire i batteri sospesi nei fluidi e di eliminare odori sgradevoli. L’argento potenzia l’azione antibatterica e non ha effetti lesivi sulla cute perché non è rilasciato. La medicazione non deve essere tagliata per evitare la fuoriuscita di particelle di carbone. 

Indicazione: Su ferite infette, essudanti e maleodoranti; rimuove l’essudato in eccesso ed ha azione antisettica.

Gel di piastrine e colla di fibrina

Materiale biologico che si ottiene miscelando un concentrato di piastrine, un fattore attivante e calcio gluconato. Il concentrato di piastrine contiene fibrinogeno pari a 2-4 mg/ml ed almeno un milione/µl di piastrine. La presenza delle piastrine fa si che al momento dell’attivazione vengono rilasciati tutta una serie di fattori di crescita importanti nel processo riparativo. L’origine può essere omologa e/o autologa comunque il gel di piastrine è un emocomponente utilizzato per uso topico che deriva dal sangue umano e pertanto è soggetto alle norme che regolano la Medicina Trasfusionale. Le competenze richieste sono affidate per legge alle Strutture Trasfusionali in maniera da garantire la massima sicurezza possibile; come espresso in particolare dal Consiglio Superiore di Sanità nella seduta del 22 marzo 2002.

Medicazioni preventive

Cuscinetti sterili e non, costituiti di schiuma di poliuretano, polimeri o idrocolloidi. Sostituiscono lo strato di grasso sottocutaneo in pazienti molto magri o in caso di prominenze ossee particolarmente sporgenti. Sono indicati in fase preventiva o in caso di lesioni di 1° stadio.

Pomate a base di enzimi proteolitici

Contengono collagenasi, enzima proteolitico in grado di degradare il collagene.

 

BIBLIOGRAFIA:

  1. Keast DH, et al. MEASURE: a proposed assessment framework for developing best practice recommendations for wound assessment. Wound Repair Regen 2004;12(3 suppl):S1-17.
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AUTORE: Valeria Pisani

 

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